Come essere un buon genitore: individua il tuo stile e miglioralo
Essere un buon genitore, come si fa? O meglio, da dove si può iniziare? Come mamma mi sono resa conto che il ruolo del genitore è davvero impegnativo e allo stesso tempo prezioso, non possiamo più permetterci di delegare alla scuola l’educazione dei nostri figli o ancora peggio, andare a braccio.
Abbiamo una grande responsabilità, quella di crescere figli consapevoli delle proprie risorse interiori e pronti ad utilizzarle per affrontare il quotidiano. Per fare questo sia io che te dobbiamo crescere e lavorare su di noi per essere dei modelli di riferimento e in questo articolo voglio condividere con te 3 stili genitoriali da migliorare e affinare per diventare, ogni giorno di più, un buon genitore.
Vieni, ti porto con me nel meraviglioso mondo della genitorialità.
Essere un buon genitore: quindi?
Non so te ma io di fronte agli scatti di rabbia di mia figlia quando aveva 2 anni non sapevo che diavolo fare. Stanchezza, impotenza e confusione, ecco questo è ciò che mi ricordo di aver provato.
Non sapevo gestire questi suoi momenti figuriamoci se potevo esserle di aiuto. Poi con il tempo mi sono messa al lavoro perché ho compreso che i primi anni di un bambino sono decisivi ed è proprio in questa fase che tuo figlio si fa un’ idea di sè, impara a valutarsi e a sviluppare la sua autostima, indispensabile per avere un buon rapporto con se stesso, relazionarsi al meglio con gli altri, affrontare i cambiamenti e ottenere buoni risultati a scuola e nella vita.
Nel tempo ho imparato che se volevo crescere i miei figli insegnando loro tutto ciò che serve per affrontare il quotidiano, una sfida, un conflitto, un giudizio, una delusione, avrei dovuto farlo io perché prima di tutto non sapevo e in più cadevo in modalità che avevo visto applicare dai miei genitori e che ancora oggi non fanno altro che crescere bambini con una bassa autostima, iperattivi, aggressivi, emotivamente distanti da se stessi e dagli altri.
Oggi abbiamo bisogno di bambini a loro agio con se stessi, rispettosi, disposti ad aiutare, emotivamente connessi, empatici, curiosi, con la voglia di imparare e li possiamo aiutare smettendo di scivolare in stili genitoriali scadenti e mettendo in pratica noi per primi modalità inesplorate.
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Stili genitoriali: individua il tuo e correggilo
Gli stili che ti propongo sono gli stili di cui parla John Gottman nel suo libro “ Intelligenza emotiva per un figlio “, un libro nel quale sottolinea l’importanza di aiutare i bambini a riconoscere, esprimere e gestire le emozioni soprattutto quelle che spesso vengono catalogate “negative” come rabbia, collera, tristezza e paura.
Gottman individua 3 stili. Il mio intento non è quello di incasellarti in uno di questi ma quello di aiutarti a comprendere in quale modalità inciampi e fare quel passo che può fare la differenza nella relazione con tuo figlio.
Vediamo insieme i 3 stili:
1. Il genitore noncurante
Il genitore noncurante lo si riconosce perché ha l’attitudine a:
- non dare chissà quale importanza ai sentimenti e alle emozioni del figlio
- non mostra interesse quando il figlio vuole comunicare qualcosa
- non ha lui stesso consapevolezza delle proprie emozioni, è più sul piano razionale che sul piano emotivo
- è a disagio di fronte alle emozioni del bambino e non sa cosa fare
- sminuisce e ridicolizza le emozioni del figlio (tipico: “smettila di frignare, fai basta, falla finita con questa noia….”)
- cerca di mettere a tacere le emozioni del figlio perché appunto è a disagio e crede che prima o poi “gli passerà”
Adottando questo stile genitoriale il rischio è che il bambino cresca pensando che ciò che prova non va bene, è sbagliato e di conseguenza si sentirà sbagliato, cosa che non lo aiuta a sviluppare una sana autostima. Il bambino avrà difficoltà a gestire il proprio mondo interiore e imparerà a non considerare le sue emozioni, trascurandole, non parlandone, reprimendole o facendole sfociare in comportamenti non facili da gestire.
L’antidoto che può aiutarti a lasciare andare questo stile è iniziare fin da subito a chiederti: ”
- Che rapporto ho io con le mie emozioni?
- Come posso ascoltarmi e osservarmi di più per avvicinarmi alle mie emozioni?
- Con quale emozione non ho un buon rapporto?
- Come cambierebbero le cose se imparassi a riconoscerla, esprimerla e gestirla a piccoli passi ? Come mi sentirei?
- Come mi porrei di fronte a mio figlio in preda a quella emozione? Come cambierebbe il mio atteggiamento?
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2. Il genitore censore
Il genitore censore mette in atto molte delle modalità già viste nel genitore noncurante in più il tutto è condito da giudizi, critiche, rimproveri e punizioni.
Ecco alcune modalità:
- giudica e critica le manifestazioni emotive del bambino
- pretende che il bambino si comporti bene, sia educato e conforme ad uno standard di buon comportamento
- è spesso in conflitto di potere con il figlio
- è convinto che le emozioni negative siano segno di debolezza e una perdita di tempo
Scivolando in uno stile di questo tipo i rischi sono quelli già visti nello stile noncurante. In più, dal mio punto di vista, un bambino sottoposto spesso a critiche e giudizi, oltre ad avere problemi di autostima alimenterà emozioni di rabbia e frustrazione sempre più forti che poi sfoceranno in comportamenti inacettabili e difficili da gestire.
L’antidoto per uscire da questa trappola e imparare ad essere un buon genitore è quello di iniziare fin da subito a lavorare sulla tua parte emozionale e fare un pò di pulizia.
In genere anche quando non alziamo la voce, la rabbia fuoriesce sotto forma di giudizi, critiche o ricerca di un colpevole e questo diventa un modo per scaricarla. Ci sono altri modi più ecologici, più rispettosi per noi e per gli altri che possiamo usare per farla uscire, per fare pulizia e ritrovare il nostro equilibrio.
Solo quando inizi a “pulirti un pò” è possibile allenare l’empatia, ingrediente indispensabile per guidare tuo figlio a riconoscere e gestire le sue emozioni.
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3. Il genitore lassista
Vediamo infine come si comporta generalmente un genitore lassista, uno stile nel quale anche io sono incappata tante volte e che per tanto tempo ho pensato fosse il migliore. Poi ho scoperto che mancavano dei passaggi!
Il genitore lassista ha l’ attitudine a:
- accettare senza problemi le manifestazioni emotive del figlio
- dare conforto al figlio quando è in preda ad un’emozione negativa ma non sa dare indicazioni su come è meglio agire o comportarsi
- non dare limiti e mettere paletti
- pensare che le emozioni vanno accettate e basta
- non sa aiutare il proprio figlio a trovare una soluzione al suo problema/difficoltà
Continuando ad adottare questo stile, le conseguenze sono che il bambino cresce senza saper regolare le sue emozioni. Al bambino viene dato il permesso di stare nell’emozione anche se in realtà non sa cosa fare con ciò che sente e prova e non ne comprende l’utilità.
L’antidoto per affinare questo stile è quello di comprendere tu per primo che ogni emozione ha la sua utilità e che l’energia incamerata (nella rabbia, nella tristezza, nella paura, nella frustrazione ..) va dosata e incanalizzata in modo consapevole e responsabile.
Comprendere i bisogni di tuo figlio che si celano dietro alla sua emozione è fondamentale, perché ogni emozione ha senso. Aiutarlo ad esprimere e soddisfare il suo bisogno (di accettazione, incoraggiamento, attenzione ecc) è il primo passo che puoi fare.
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Essere un buon genitore: l’allenatore emotivo
Ora hai una visione più ampia di alcune modalità che potresti adottare con tuo figlio e che hanno delle ripercussioni sulla sua crescita. Oggi i bambini hanno sete di modelli genitoriali ai quali ispirarsi e che sanno rimanere saldi quando c’è turbolenza.
C’è un altro stile di cui parla Gottman nel suo libro ed è l’allenatore emotivo, quel genitore che rispetta le emozioni del figlio, sa stare in ascolto, usa l’empatia, sa cosa fare, sa guidare il bambino, sa porre dei limiti e facilitare il figlio a trovare una soluzione.
Ecco, questo è lo stile che dovremmo coltivare noi oggi per essere buoni genitori. Questo stile non si costruisce in un giorno, è un percorso, un viaggio alla scoperta del tuo bambino e soprattutto un viaggio alla scoperta di te.
Ora che sai quanto ne vale la pena, non ti resta che fare il tuo primo passo per fare un ottimo lavoro con tuo figlio.
